28 March 2024

Il clásico (non) visto in Africa. La cantera. Anche stavolta Mourinho si piega ai blaugrana

Martedì 13 dicembre 2011

Quasi due mesi in Africa centrale, in completo RamadaM calcistico sono terminati da pochissimo. Prima di partire speravo di riuscire in qualche modo a vedere il Madrid-Barça di sabato sera, ma non sono stato fortunato.

Come per una nemesi, l’aereo per l’Europa è partito simultaneamente all’inizio della partita del “Bernabéu”. E pensare che nell’ultimo clásico in quello stadio, la semifinale di Champions, ero presente anch’io.

Stranamente, il viaggio di ritorno è inaspettatamente avvenuto passando dall’Uganda, dove siamo arrivati con un piccolo aereo ad eliche.

Nella lunghissima attesa all’aeroporto di Entebbe abbiamo assistito a un altro clásico, se così si può dire: tra una birra (Nile Special) e l’altra (Bell) nello stadio semivuoto di Dar Es Salaam (Tanzania) si giocava nientepopodimenoche il derby tra Uganda e Rwanda, la gran finale della Cecafa Tusker Challenge Cup champions (sic), un “importante” torneo con 12 nazioni partecipanti.

Spettacolo pessimo, terminato 2-2, anche ai supplementari. Tifavamo per i gialli di cui eravamo ospiti per qualche ora e che alla fine hanno trionfato ai rigori (3-2).

Nelle interviste del dopopartita mi sono accorto che l’allenatore del Rwanda è un serbo, tale Milutin Mičo Sredojević che ha assunto l’incarico solo dal primo novembre scorso. Precedentemente aveva allenato alcune squadre in Sudafrica e più recentemente i sudanesi dell’Al Hilal (l’anno scorso proprio a Khartoum mi avevano parlato di lui), con i quali aveva raggiunto le semifinali della Champions africana.

Poi, a mezzanotte (le 22 ora del “Bernabéu”) siamo partiti.

La vigilia del vero clásico

Dopo aver masticato amaro negli ultimi tre anni, stavolta a Madrid erano straconvinti di vincere. I blancos arrivavano addirittura da 15 vittorie consecutive (uguagliando un record dei primi anni Sessanta) e con 6 punti (virtuali, cioè 3 e una partita in meno) di vantaggio sul Barça che invece lontano dal “Camp Nou” quest’anno ha fatto fatica. Mourinho che, dopo averle prese nuovamente nella Supercoppa spagnola ad agosto (quella del dito nell’occhio a Tito Vilanova, il secondo di Guardiola, da sabato di nuovo in panchina) nelle ultime settimane si era dato una calmata.

Il Barça si presentava all’appuntamento dopo risultati altalenanti, che non ho seguito con immagini a causa del mio periodo astinenza africana di tv e internet. Molti mi hanno parlato dell’esibizione di “San Siro” contro il Milan, ma avevo letto dell’inopinata sconfitta fuori casa contro il Getafe e anche dell’interessante ultima partita di Champions, in casa contro il BATE Borisov bielorusso: i catalani erano già qualificati e in vista di Madrid Guardiola aveva pensato di lasciare a riposo le stelle facendo giocare i giovani virgulti della cantera. È vero, l’importanza era nulla, ma i bimbi non si sono lasciati intimorire dal palcoscenico e hanno fornito un’impressionante esibizione che lascia presagire un futuro brillante. Nella formazione soli 4 giocatori nell’orbita della prima squadra con Pedro e Thiago come unici (quasi) titolari e 9 elementi formati in casa (12 totali utilizzati).

Molti gli spunti; i fratelli Alcântara (Thiago e Rafinha) per la prima volta in Champions, insieme e dall’inizio, il debuttante numero 22 dell’era Guardiola (Martí Riverola), l’ennesima esibizione di Cuenca ormai aggregato alla prima squadra, la rete del centrocampista Sergi Roberto (che aveva debuttato proprio nella semifinale del “Bernabéu”, il primo giocatore a farlo nato dopo la finale di “Wembley” ’92), la prestazione di Montoya, il “nuovo Alves”, e dei centrali Bartra e Fontàs, un altro scampolo della nuova stellina che si prepara da quelle parti (il 17enne Gerard Deulofeu) e un 4-0 finale.

Al loro rientro negli spogliatoi i ragazzini hanno trovato Messi e compagnia ad accoglierli con un fragoroso applauso.

Il giorno precedente ad Amsterdam invece, con il Madrid già primo del suo gruppo, Mourinho usava come sempre altri metodi: faceva debuttare solo il 21enne Mendes, un portoghese che non è neanche titolare nel Castilla, non è cresciuto nel Madrid e per di più è l’ennesimo patrocinato dal suo amico/procuratore/compagno d’affari, il potentissimo omonimo Jorge Mendes.

Grazie Gazza!

Il viaggio è durato tutta la notte e al mattino presto di domenica siamo atterrati a Bruxelles.

Accendendo il telefonino stranamente ho trovato solo un messaggio, di un amico culé che vive a Barcelona e che di solito mi manda le cronache delle partite in sms. Stavolta mi chiedeva solo se stavo guardando l’incontro e nulla più, il che poteva far pensare a un risultato negativo dei blaugrana.

Nessuno sapeva niente. Ho cercato informazioni nella prima edicola disponibile in aeroporto. Su El País niente, era la prima edizione e la partita è terminata troppo tardi per riportare la cronaca. Mentre stavo scartabellando altre possibilità ho trovato una famiglia di Barcelona, appena arrivata con il volo notturno da New York e con il mio stesso problema. Alla fine è stata la Gazzetta a salvarci: nonostante i pronostici della vigilia, il Barça ha espugnato nuovamente il “Bernabéu”! Con i catalani abbiamo iniziato a gridare abbracciandoci, tanto che un’addetta del negozio è venuta a vedere cosa stava succedendo.

Un baño

Il Madrid vinceva già dopo 23 secondi, con un gollonzo di Benzema abile ad approfittare di uno svarione di Víctor Valdés, ma il Barça non si è abbattuto e ha subito reagito: al 30’ pareggio del “nostro” Niño Sánchez (in Spagna chiamato Alexis), lanciato da Messi dopo uno slalom indiavolato dell’argentino a metà campo.

Nell’intervallo Guardiola ha spronato i suoi che sono rientrati in campo ben decisi a ribaltare il risultato, com’è poi avvenuto: al 53’ tiro di Xavi deviato da Marcelo e al 66’ chiusura definitiva con un’azione spettacolare culminata da un cross di Dani Alves per la testa di Cesc, che proprio lui che precedentemente aveva rinunciato a diverse offerte milionarie del Madrid per tornare al Barça.

Cristiano Ronaldo non pervenuto (anzi, ha sprecato due grosse occasioni) e Mourinho continua a mangiare polvere. La Liga si riapre, morale alle stelle per i blaugrana che da Madrid sono partiti direttamente per il Giappone dove questa settimana si disputerà il Mundialito per club.

Nonostante siano passate da poco le 7 di mattina, la notizia val bene un immediato giro di birre con i catalani.

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