28 March 2024

Nebo se otvorilooooooo!!! I miracoli esistono

Nelson Mandela Bay Stadium, Port Elizabeth, venerdì 18 giugno

È stata una giornata storica. Solo con gli anni potremo ragionare in prospettiva a quello che è successo oggi e solo pochi potranno affermare «io c’ero».

Fino a oggi il mio curriculum di partite della Serbia (e affini) dal vivo ai Mondiali non è proprio il migliore. Solo pochi giorni fa ho visto perdere la Serbia a Pretoria [“L’ennesima delusione”]; ai Mondiali 2006 in Germania ero allo stadio in tutte e tre le partite perse da Serbia e Montenegro (ancora si chiamava così); ma giusto vent’anni fa, il 10 giugno 1990, assistetti a San Siro all’esordio con pesante sconfitta (1-4) della Jugoslavia (ancora unita nella SFRJ) nell’esordio di Italia 90, proprio contro la Germania che si sarebbe laureata Campione del Mondo. Poi la nazionale di Osim, alla sua ultima apparizione come Jugoslavia unita, si riprese e venne eliminata solo ai quarti dall’Argentina, per giunta ai rigori.

Dopo aver seguito i serbi l’altro giorno non c’erano i presupposti per un risultato positivo, ma questo è il mondiale delle sorprese e oggi abbiamo assistito ad una sorpresa tra le più grosse.

Il clima qui a PE è molto diverso da quello che ho assaggiato negli ultimi giorni. Si sta benissimo! Fa sole, il cielo terso, bel tempo e una buona temperatura, mitigata dall’oceano; peccato non potersi fermare più tempo, meriterebbe.

Sono ancora stordito dalle 17 ore di autobus che mi sono sciroppato per venire a vedere la Serbia che, dopo la stupida sconfitta contro il Ghana, oggi se non vuole essere eliminata già alla seconda partita (non una novità), deve assolutamente vincere contro i tedeschi, la squadra che finora ha più impressionato, che con un 4-0 è passata come un rullo compressore sopra l’Australia (vabbé, non era il Brasile). Non sono molto ottimista, anche per il poco carattere che i giocatori serbi hanno dimostrato nella prima partita. Per lo meno le prime notizie sono incoraggianti: Antić lascerà fuori l’inutile Pantelić per infoltire il centrocampo, con la torre Žigić unica punta.

Il taxi mi deposita nelle vicinanze dello stadio, appena fuori dalla zona interdetta al traffico. Già da qui si può ammirare l’ennesima meraviglia di questo mondiale, il nuovo “Nelson Mandela Bay Stadium” (ma quante cose gli hanno dedicato?! Non oso immaginare dopo la sua morte…).

Costruito tra un lago e l’oceano, anche in questo caso la struttura di cemento armato è alleggerita e abbellita da una copertura che potrebbe ricordare le conchiglie del mare.

Cammino verso l’impianto. Si intravede anche un metodo per non perdere i bambini allo stadio.

Arrivano i primi serbi.

Sul lago adiacente anche i depositi della CocaCola che, come sponsor o meno purtroppo si trova dappertutto.

Passo il controllo.

Da vicino la struttura è bellissima.

Cerco la festa, e lo trovo esattamente dalla parte opposta, all’entrata degli spettatori che arrivano dal centro città.

Già si vedono un mare di tedeschi. L’impressione è che invece i serbi non siano numerosi come nella partita di Pretoria, ma dicono che il grosso della comunità serba in Sudafrica viva nei dintorni di Johannesburg. Spuntano quelli di Paračin.

Altra varia umanità.

Poi trovo un ragazzo che sta solitario con la bandiera serba ben alta.

Mi avvicino; in realtà è una famiglia intera, con mamma papà figlio e figlia, sono serbi che vivono a Joburg da 15 anni. La figlia dipinge il padre.

Brka, il padre, dice che a Joburg non si trova buona rakija e aggiunge che oggi sarà dura, ma «se abbiamo sconfitto i tedeschi sia nella Prima che nella Seconda Guerra Mondiale ce la possiamo fare anche oggi». Tipico accostamento bellico serbo.

Anche la madre è speranzosa: «Se uno dei tedeschi vedesse il cartellino rosso, si potrebbe giocare più tranquilli». Secondo me non si tratta di avere un uomo in più, ma di segnare.

Lo stadio, che possiede una capienza di 46mila spettatori, è un altro gioiellino anche da dentro.

Curiosando dietro gli spalti si vede com’è stata pensata la struttura.

Dall’alto, dentro le “conchiglie”, si intravedono il mare e il lago.

Stranamente appaiono un paio di bulgari, con bandiera, che appoggiano i nemiciamici balkanici serbi.

Stavolta mi è toccato un posto in basso, dove ci sono pochissimi serbi. Si vedono delle ragazzine sudafricane bianche che (chissà perché poi?) adorano la Germania.

Qui sembra che il papà si sia fatto appiccicare uno scudo serbo posticcio su una tuta rossa. Bello però il vestitino della ragazza.

Appaiono gli striscioni di Loznica, Čačak, Niš,

Priština,

Bijeljina, proprio vicino a uno dei pochi gruppi di serbi tutti insieme, proprio sopra la panchina di Antić.

Inizia la partita. Quasi subito c’è un’occasione di Kolarov su punizione che non va lontanissima dal sette di Neuer.

Arriva uno dei momenti chiave. Come aveva predetto la signora serba di Joburg, al 37’ Miro Klose viene espulso per somma di ammonizioni per due falli veniali, commessi a centrocampo.

Poi un minuto dopo la sorpresa. Krasić riesce finalmente a scendere sulla sua fascia e crossare decentemente (forse l’unica volta in due partite): trova Žigić, che con i suoi due metri per una volta fa da torre come si deve per l’accorrente Lane Jovanović che liberissimo insacca a pochi metri dalla porta!

Tra l’incredulità dei germanici e la perplessità degli spettatori neutrali, esplodono l’entusiasmo e la birra dei pochi serbi presenti nel mio settore.

Allo scadere una traversa dei tedeschi potrebbe far presagire che forse è proprio la volta buona, ma meglio neanche farsi venire questi pensieri, manca ancora un tempo.

La Serbia raggiunge indenne l’intervallo. Non ci si crede, ma nel secondo tempo sarà durissima mantenere il risultato, sia perché i tedeschi torneranno alla carica, ma anche la nota capacità dei naši di inventarsi qualche cagata nei momenti più inopportuni.

Negli stadi sudafricani è tutto molto libero, si può passare senza problemi da un settore all’altro. Per stare in compagnia, decido di andare a vedere il secondo tempo dalla parte opposta della mia tribuna, con il gruppone di serbi dietro la panchina (che sarebbe peraltro corrispondente alla mia stessa categoria di biglietto).

Lì si vive la partita molto più animatamente. Ci sono quelli di Vrnjačka Banja,

quelli che credono ancora nell’amicizia serbo-russa come i bambini all’esistenza di Babbo Natale,

e la nuova connessione serbo-brasiliana, anche stavolta probabilmente in virtù di Rambo Petković.

Inizia il secondo tempo. Tra i più attivi il giovane talento Müller (Bayern)

che viene regolarmente insultato.

Si soffre moltissimo.

Ovviamente, com’era largamente atteso, i giocatori serbi riescono (quasi) a rovinare tutto. Al 60’ è stavolta Vidić, senza pressioni, a giocare a pallavolo nella sua area, proprio come era successo pochi giorni fa a Pretoria con Kuzmanović che aveva regalato la vittoria al Ghana. Ma due erroracci simili in due partite consecutive non si sono mai visti! Un buonissimo difensore come Nemanja Vidić, poi: nel Manchester United non si è mai sognato di fare delle cagate simili. Mah. Anche stavolta il sogno sembra durare poco.

Forse mi sbaglio o vedo solo nero, ma non credo che il portierino Stojković (ex Zvezda) abbia mai parato un rigore. Con un pareggio la Serbia sarebbe fuori e segnare un altro gol ai tedeschi con questa voglia non la vedo proprio. Anche stavolta il sogno sembra sfumare miseramente.

È il numero Dieci Podolski ad andare sul dischetto.

Ma Stojković si butta proprio dalla parte del pallone e, non ci credo, lo para!!!

Il tripudio generale è turbato da dei tafferugli. Alcuni tifosi tedeschi ci (nel senso che colpiscono anche me) tirano sulla schiena delle bottiglie di birra (che per evitare guai maggiori sono di plastica). Volano bottiglie e birra nei due sensi; si può immaginare la reazione dei serbi, soprattutto di uno grosso con vesti militari che vorrebbe andare a farsi giustizia da solo.

Poi la situazione è sedata da tre energumeni con il cranio rasato vestiti di nero. Al collo portano un tesserino che li identifica come Polizia Sudafricana, ma dalla targhetta sul petto hanno dei cognomi serbi. Davvero una bella mossa della polizia locale: impiegare dei serbi immigrati per risolvere eventuali problemi con i propri conterranei durante i mondiali.

I tre fanno poi da interposizione commentando tranquillamente la partita con gli spettatori.

Giocando di rimessa, la Serbia ottiene un palo di Jovanović e una traversa esterna di Žigić che avrebbero (quasi) potuto chiudere la partita. Si sa che se si perdona poi si viene puniti, con i tedeschi poi. L’entusiasmo è alle stelle ma si sa che negli ultimi minuti si soffrirà ancora di più, fino alla fine.

I serbi cercano di stimolare i propri beniamini ad impegnarsi e non mollare fino all’ultimo e anche oltre, che si sa come sono i tedeschi: infinite le (inutili) imprecazioni a Žigić che corra e faccia pressione. Antić è teso.

Nel suo golfino, il tecnico germanico Löw si sta spazientendo e vede che i suoi non riescono a risolvere la situazione.

Manca poco. I serbi cercano di perdere tempo per rompere il ritmo.

Siamo al quarantacinquesimo. Uno a fianco a me fa partire il cronometro del suo Iphone per capire esattamente quanto manca alla fine dei 4 minuti di recupero (sul tabellone il tempo si ferma ai 45’).

È FINITA!!!!!

Nessuno ci crede, la Serbia ha sconfitto la Germania ed è tornata in corsa per la qualificazione nel proprio gruppo!

Era dal 1973 (1-0 in amichevole) che la la Serbia (o Jugoslavia) non riusciva a battere la Germania (Ovest), e addirittura dal 1962 ai Mondiali (sempre 1-0 nei quarti di finale in Cile, guidata allora dal grandissimo Šeki, al secolo Dragoslav Šekularac, funambolo e Seconda Zvezdina Zvezda).

Parte la festa sugli spalti

e in campo

Antić è raggiante.

Stojković non sa neanche lui come ha fatto; viene intervistato come The Man of the Match mentre si tiene il pallone sotto la maglia.

Qui da noi si balla e si canta come se fosse stata una finale.

Poi alcuni iniziano a sciamare.

Come nella famosa doppia semifinale vittoriosa di Coppa Campioni 1991 tra Bayern e Crvena Zvezda (che segnò il mio esordio dal vivo con il calcio serbo), anche oggi i tifosi serbi ad ogni occasione persa dai tedeschi cantavano «Auf Wiedersehen, auf Wiedersehen!». Ma ora è finita sul serio. Se qualcuno non ci crede può guardare il tabellone con il risultato e un rassicurante «Goodbye».

Una signora ci dice di aspettare, che i giocatori torneranno in campo per salutare i tifosi. Ma si presenta solo Antić, con un sorriso infinito, probabilmente per parlare ad un amico.

Le tifose sudafricane nere della Germania non sembrano soffrire molto.

All’esterno i gruppi di serbi continuano a festeggiare.

Scendo le scale dello stadio

E per caso mi ritrovo con la famiglia di Joburg che avevo conosciuto all’inizio, con Brka e la profezia di sua moglie sull’espulsione.

I serbi cercano di rendere partecipi gli autisti degli autobus della loro felicità,

il che mi ricorda una delle molte scene di un mio compleanno a Guča [si veda la storia “Il festival di Guča, come sempre” su Carnia-Caucaso].

Riesco subito a trovare uno dei minibus messi a disposizione dall’organizzazione dei mondiali che mi porta verso il centro. Si vedono bandiere serbe sui mezzi.

Si oltrepassa il porto; io mi fermo sulle spiagge del centro, dove ci sono il grosso degli alberghi.

Ne approfitto per andare in riva all’oceano.

Quando rientro sulla strada, un altro incontro inaspettato. Ci sono tre amici Delije (tifosi della Zvezda) che mi fermano per commentare la mia maglietta con scritto “прасе”. Mi guardano meglio e Bili, uno di loro, dice di ricordarsi di me per avermi visto in una delle varie trasmissioni in cui sono apparso in Serbia, segnatamente quella sulla “SOS TV” (2007). Successivamente mi racconta che è amico di Tima, che avevo conosciuto tanti anni fa.

Sorprende ancor di più che l’altro, Miša, assicura di avermi visto al “Marakana” ad una partita della Zvezda. All’inizio non ci faccio molto caso, ne ho viste molte e a vari tifosi è rimasto impresso «il tifoso italiano della Zvezda». Ma rimango di sasso quando afferma di ricordarsi che si trattava di Zvezda-Barça, ritorno del secondo turno di Coppa Coppe, giocata il 31 ottobre 1996. All’epoca Miša era un ragazzino ed io avevo probabilmente 20 kg di meno: fatico a credere che si possa ricordare, ma alla fine mi arrendo (felicemente) all’evidenza.

Nel museo della Zvezda dentro il “Marakana” si vede la foto di quella sera, con uno straordinario mosaico sugli spalti, in uno dei primi appuntamenti europei dopo la fine del lungo e tragico embargo (anche sportivo).

Dopo il 3-1 del “Camp Nou”, la Zvezda sfiorò la qualificazione andando in vantaggio con Jovičić, ma dopo un solo minuto pareggiò il brasiliano Giovanni. In campo c’era il giovane Ronaldo (brasiliano), nell’unico anno in cui giocò al Barça. Tutti la ricordano come una grande partita (forse l’unica della sua carriera), dell’allora giovane furetto Perica Ognjenović che probabilmente per quella prestazione venne poi acquistato dal Real Madrid, ma era presente anche il diciottenne Deki Stanković.

Ora Miša vive a Londra, dove si è sposato con una slovacca (che ovviamente non è qui), Miki, il più giovane dei tre, si è sistemato a Glasgow, mentre Bili è rimasto a Beograd.

Per strada troviamo un sostenitore locale (?!) della Serbia.

Andiamo a festeggiare nell’albergo di fronte che è pieno di serbi, con anche uno striscione di Jagodina.

Andando in bagno, un adesivo che invita a non svendere il Kosovo i Metohija [si veda la storia “Decimo anniversario dei bombardamenti NATO e la vergogna del Kosovo” su Carnia-Caucaso].

Mentre commentiamo i vari discorsi, un’altra visione: appare Milojko Pantić, forse il telecronista serbo più famoso, per l’epoca in cui lavorava alla televisione statale (ora ha un programma suo che vende alle varie televisioni). Per anni, nel mio precedente telefono, ho avuto come suoneria la parte conclusiva della sua cronaca della finale di Bari 1991 con il rigore di Darko Pančev che permise alla Zvezda di diventare Campione d’Europa.

È da tempo che pensavo di intervistarlo in una qualche mia visita belgradese, ma non ho mai trovato il tempo. Su Milojko circolano varie leggende; chiedo se sono vere due tra le più gustose, raccontatemi da amici serbi negli anni. In un derbi Zvezda-Partizan, prima dell’inizio della partita, Milojko disse: «Stanno entrando in campo i giocatori del Partizan, ed ora ecco i nostri» (lui, imparziale telecronista tifoso della Zvezda).

Nell’altra si dice che subito dopo la fine del primo di una partita avrebbe dato appuntamento ai telespettatori alla fine dell’intervallo, ma non accorgendosi che il microfono era ancora aperto tutti poterono sentire la frase: «Sipaj, sipaj» («versa, versa», in serbo)

Lui le conferma entrambe, anche se sorprendentemente dichiara di non bere rakija. Ho dei dubbi, anche se è vero che sembra più uno da vinjak.

Poi Miša, in un’azione molto serba di rendere partecipi via telefono amici e parenti lontani di un avvenimento o una situazione importante che ci trova a vivere, chiama suo fratello a Užice passandogli Milojko che sta simpaticamente al gioco.

«Nebo se otvorilooooooo!!!» grida Pantić, citando un altro dei suoi cavalli di battaglia, la sua celeberrima frase (il cielo si è aperto) quando, proprio all’ultimo minuto di Zvezda-Bayern (semifinale di ritorno del 91), una miracolosa autorete di San Augenthaler in collaborazione con il portiere Aumann sancì il 2-2 che regalò alla Stella Rossa l’agognata finale continentale.

Una giornata del genere non si dimenticherà facilmente.

Comments

  1. ALEEEEEEEEEEE, ALEEEEEEEEEEEEE

    Stavi se ispred kamere, da te vidimo nekad. Sve gledamo i čekamo Aleta. I mašiii:)

  2. Znaci i milojko je u Juznoj Africi, ludnica! :))

  3. Concordo: Milojko tipo da vinjak!

    :-)))

  4. Joj ima da naucim italijanski samo da bi procitao ovaj tekst….pozdrav iz Charlotte-a i hvala na fotografijama

  5. ale, dì la verità, c’hai uno dietro che ti fa le foto. non ci credo alla tua mano fema sul rigore parato!
    bene così, cmq, e sperin ben per stasera.

  6. Dimitrije says

    He he 🙂 bravo Ale! Super tekst i jos bolje fotografije! Definitivno je mec sa Nemcima bio istorijski i super sto si ga gledao.

    Ajde uzivaj i dobro se zabavljaj tamo 😉

    S R B I J A !!!

  7. Mitico Ale ti aspettiamo in carnia per un racconto di persona mandi

  8. Jedan sa slika says

    Sto ne rece covece da si okacio slike na net!!!

    onaj sto ti u Djenovi dao kartu 😉

Rispondi a Dimitrije Annulla risposta

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