28 March 2024

Verso Río Gallegos, la tana dei Kirchner

Mercoledì 14 febbraio 2012

Dopo il duo Chaltén-Calafate, ora mi aspetta il terzo e ultimo polo turistico dell’estremità del continente, Ushuaia. Ma devo prima raggiungere Río Gallegos, anonima capitale della Provincia di Santa Cruz nonché tana della famiglia Kirchner, e poi dirigermi ancora verso Sud.

L’ennesimo bus parte in ritardo da Calafate. All’uscita del paesotto passiamo i controlli dei passaporti che per qualcuno rimangono inesplicabili,

Per fortuna sono riuscito a prenotare uno dei posti del piano sopra, in prima fila.

Ci inerpichiamo verso le colline circostanti; i panorami patagonici continuano a ritrarre la nientezza già osservata negli ultimi giorni.

Camion dalle scritte immaginifiche.

I “consigli” sul bus si sprecano.

In una sosta appaiono le famose macchinette per un solo peso ti elargiscono acqua calda per il mate, che il argentini si portano dietro sempre e dappertutto.

Già arrivando alla periferia di Río Gallegos si capisce che stiamo entrando nel feudo della famiglia Kirchner.

Sono originari proprio di quaggiù l’ex presidente Néstor, deceduto un anno e mezzo fa, e la sua sposa Cristina Fernández attuale Capa dello Stato, da alcuni molto odiati e da altri molto votati.

Questa città di circa 100mila abitanti non è sicuramente un posto turistico, ma siccome non ci sono mai passato decido di fermarmi una notte per esplorarla anche se solo superficialmente. Nell’ufficio turistico della terminal mi spiegano che l’alloggio più vicino ha stanze individuali abbastanza care per cui mi tocca dividere: che nostalgia dagli alojamientos presso le famiglie cilene sulla Austral. La signora che mi accoglie ha paura di tutto e mi fa mille raccomandazioni: e il rientro, e il rumore dopo mezzanotte, e il bagno da non allagare.

La terminal è situata proprio sulla tangenziale esterna con strani ponti per pedoni per attraversarla.

Vicino, una avenida stranamente obliqua al rigido scacchiere urbanistico e dedicata a Eva Perón.

Il mio alojamiento non è lontano, immerso in un quartiere di casine basse in cui non c’è proprio niente.

Sembra che il centro non sia lontanissimo, 10-12 cuadras, gli isolati che in tutte le città argentine sono (salvo eccezioni) di cento metri con i numeri che saltano di cento in cento, anche se non ci sono tante case in mezzo: in questo modo si può facilmente determinare quanto dista un indirizzo calcolando il numero di cuadras che mancano. Alla fine però cammino diversi chilometri.

Strano posto Río Gallegos. Dappertutto i segni della coppia reale,

e sorprende pensare come siano riusciti a conquistare la capitale e il paese arrivando da un posto come questo, così lontano dai centri del potere.

La sensazione è come se la città sia stata abbandonata. Il vento freddo la spazza senza sosta, anche se siamo in piena estate. Anche sulla avenida San Martin, di solito sempre animata, non si vede molto movimento.

Nella solita piazza centrale alberata c’è qualcuno, ma dalla capitale della ricca (di turismo, come abbiamo visto, ma soprattutto di gas e petrolio) Provincia di Santa Cruz ci si aspetterebbe molto di più.

Offre qualche negozio, ristorante e un po’ di animazione solo il viale orizzontale, dedicato precedentemente alla dir poco polemica figura di Roca, e recentemente cambiata per omaggiare lo scomparso Kirchner.

Qualche casetta “antica” ancora sopravvive.

Continuo verso il fronte fiume (la città sorge infatti sull’estuario dell’omonimo Río Gallegos),

che si rivela molto intenso, e quasi cambio opinione.

Dicono che nella zona sorge anche una pingüinera con oltre 100mila esemplari. Intanto continuo a essere preda del ventaccio, gelido; la marea è bassa, le nuvole in movimento, il lunghissimo lungofiume presenta rimasugli di porto arrugginiti e abbandonati,

una allucinante e tristissima feria per bambini e adulti in un capannone, dei monumenti composti da strumenti che hanno l’aria di essere piuttosto stati abbandonati,

una barca di legno che non sembra aver mai navigato.

Mah, strane sensazioni.

Ritorno verso il centro dove sulle vetrine salta all’occhio come tutta l’Argentina stia ora vivendo sul credito: il prezzo varia di un 10% se si usa una carta e tutti ti chiedono sempre in quante quote vuoi pagare.

Infreddolito, mi rifugio a cenare in una parrilla/pizzeria/birreria che avevo visto precedentemente. In un tavolo vicino ci sono quattro giovani russi finiti qui chissà come. Chiedono anche insalata… russa, ma poi lasciano sul tavolo la gran parte di quello che avevano ordinato.

Vista la pessima esperienza del giorno prima al Calafate, chiedo se il vacío è jugoso (al sangue) e la risposta, quasi stizzita, è «obvio!», del tipo «per chi mi hai preso?!». E in effetti l’asador aveva ragione:

due sleppe di carne oltremodo interessanti accompagnate da una birra Austral alla spina (finalmente), quello che ci voleva per riprendermi dalla lunga camminata.

Domani mi aspetta un’altra lunghissima tradotta fino a Ushuaia, la città che molti considerano come la Fine del Mondo.

 

Comments

  1. si paga con carte di credito? si paga a “quote” ovvero a rate? è il miglior modo per rilanciare l’economia! poi quando arrivano le scadenze e non si hanno più i soldi… pufff si fallisce!
    per nel lasso di tempo che il gioco piramidale funziona tutti a dire: “quanto cresce l’Argentina! quella si che è un’economia solida”… come gli USA. La migliore economia al mondo indebitata fino al collo con i Cinesi che gli sctringono i cabazizi!!

    saluti

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