28 March 2024

Fino al Calafate, un aeroporto internazionale in mezzo al nulla, padre De Agostini e ricordi della Ruta 40

Domenica 12 febbraio 2012

Alla fine ho qualche rimpianto (oppure no?) per aver lasciato il Chaltén senza neanche una camminata, ma tant’è, il tempo è brutto e mi muovo verso El Calafate.

L’ennesimo bus parte direttamente dall’ostello.

All’inizio delle tre ore di viaggio avevo cominciato a sonnecchiare ma i paesaggi semplicemente meravigliosi mi hanno stimolato l’attenzione.

L’autista José fa da guida turistica, visto anche che sul bus ha due passeggeri (e l’altro è un francese immerso nella sua musica).

Una sosta all’Hotel La Leona offre spunti e foto su personaggi che passarono di qui oltre un secolo fa: da una parte i famosi rapinatori di banche statunitensi Butch Kassidy e Bill The Kid,

e dall’altra l’altrettanto conosciuto (almeno da queste parti) padre Alberto Maria De Agostini, cui è dedicato anche un importante Parco Nazionale nell’estremo sud del Cile e uno delle migliaia di fiordi della Patagonia, apparentemente da lui scoperto.

Questo salesiano piemontese arrivò in Patagonia nel 1910 e vi si fermò fino al 1945. Oltre alla sua attività pastorale svolse infinite esplorazioni alla Fine del Mondo con speciale attenzione agli aspetti naturalistici e agli indigeni della zona, Selknam, Ona, Yámana, che allora stavano scomparendo. Spesso viene ritratto con la lunga tonaca in cima a montagne o insieme a qualche indio. Il padre era anche appassionato di fotografia e confezionò anche un film sulle bellezze della regione, Terre Magellaniche (1933).

Se suo fratello Giovanni fondò l’omonimo Istituto Geografico di Novara, Alberto tra le due guerre scrisse una ventina di libri; qui invece, in una libreria locale, una recente pubblicazione sulla sua figura intitolata Monseñor Patagonia.

La Cuarenta

Entriamo per alcuni km anche sulla leggendaria Ruta Nacional 40 (Cuarenta), chiamata talvolta La carretera hacia ninguna parte (La strada che porta in nessun posto). Si tratta della via di comunicazione più conosciuta dell’Argentina: con i suoi 5224 km, inizia al confine con la Bolivia per spegnersi nell’estremo sud. Proprio la sezione patagonica è la sua parte più famosa che, nella mia prima visita argentina dieci anni fa, attraversai quasi interamente.

Da pochi chilometri oltre Esquel fino in fondo al continente era praticamente tutta di ripio, sterrato, e sembrava che non ci passasse quasi nessuno. Ora invece alcuni pezzi sono stati asfaltati e ho notato che varie compagnie di bus la attraversano e viene presentata come destinazione del turismo avventura.

«La Cuarenta es la Cuarenta» mi raccontò allora Rodolfo, un autista.

«Possiede una grandissima personalità. Inizia molto più a nord e si sviluppa parallela alle Ande seguendo le rotte e i sentieri tracciati dai carri e dai cavalli degli indigeni Tehuelches». Diventò una strada, più o meno vera, solo all’inizio del Novecento, ma per la maggior parte del suo percorso non fu mai pavimentata.

Il paesaggio tipico della Cuarenta era semplicemente il nulla più assoluto, solo i caratteristici cespugli fibrosi e spinosi a perdita d’occhio con il vento che soffiava fortissimo e senza sosta, una costante di tutta la Patagonia e della Terra del Fuoco. Ogni tanto il sole faceva capolino per poi scappare subito, dietro l’ennesima nube.

Mi segnò molto quel viaggio filosofico e avventuroso attraverso un cammino estremamente affascinante in cui i trasporti non coprivano l’intero percorso (e le storie che ne uscirono sono sempre in attesa di essere pubblicate in un libro).

Qui la foto del mio vecchio zaino in mezzo alla tipica nientezza patagonica  vicino al paesino di Río Mayo, dove rimasi a fare autostop per quasi due giorni. La stessa era stata pubblicata nel primissimo articolo di questo sito, corrispondente all’esordio del viaggio Via Terra dalla Carnia al Caucaso, quasi tre anni fa.

El Calafate

Si continua. A un certo punto l’autista José segnala la punta del Fitz Roy che si intravede dietro un’altra montagna.

Qualcuno fa l’equilibrista.

Riappaiono nuovamente i camioncini tedeschi (o si tratta di un quinto e un sesto? Agli esperti l’ardua sentenza).

Finché raggiungiamo le vicinanze d’El Calafate.

Vista quanta gente c’è in giro da queste parti stavolta ho effettuato una prenotazione per un letto, anche perché arrivo di sera. Non sono proprio contento di trovarmi in un posto simile comunque anche questo ostello non è male.

Si rivedono le stesse facce incontrate negli ultimi giorni. A un certo punto trovo Greg pensieroso per strada e andiamo a fare una birra insieme, anche se in questi giorni sembra impossibile trovarne una alla spina: in tutti i bar ti spiegano che si riforniscono dalla ditta Austral, in Cile, e dicono che i rifornimenti non siano arrivati.

Sulla strada di casa a sorpresa trovo anche Philippe, che come sempre sta in un camping. Ci mettiamo d’accordo per trovarci a cena.

 

L’aperitivo è interessante, una birra artigianale,

al LibroBar,

anche se poi la qualità della parrilla libre (prezzo fisso con consumazioni di carne e buffet illimitate)

per una volta delude alquanto.

nonostante la presenza di cordero patagónico,

lontanissimo da quello preparato da Gonzalo e Víctor a capodanno.

El Calafate è un altro esempio di un villaggio in mezzo al nulla che è cresciuto esponenzialmente divenendo, grazie anche al suo aeroporto internazionale, uno dei luoghi più visitati dell’America Latina.

La cittadina costituisce infatti la base per la visita al ghiacciaio Perito Moreno, uno dei più impressionanti e soprattutto più facilmente visitabili della Patagonia.

Come si diceva, il nome della città proviene dalla pianta e dal frutto (Berberis microphylla) che crescono solo in questa zona e che in paese si trova in tutte le salse.

Come dieci anni fa arrivando dalla Cuarenta, anche ora rimango scosso; come già accennato, si può immaginare quanto sia contento in mezzo a migliaia di persone, gruppi organizzati di tutti i livelli e quant’altro, soprattutto dopo la tranquillità della Carretera Austral. Ma il passaggio da qui è obbligato e domani ne approfitterò per rivedere il Perito Moreno a distanza di tempo.

Comments

  1. … si tratta di un quinto e di un sesto camioncino, senza dubbio! 🙂

  2. el video es impresionante!!!

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