İstanbul, martedì 11 agosto
Curiosando per le vie laterali, lontano dalla ressa dei turisti, ci imbattiamo per caso in una sorpresa, la piccola e seminascosta Moschea di Mehmet Paşa (Sokullu Mehmet Paşa Camii), anch’essa un capolavoro di Sinan completata nel 1572.
Venne voluta da Mehmet Paşa Sokolović che culminò una carriera ad altissimo livello nelle strutture dell’Impero Ottomano come Gran Vizir (Sadrazam, il Primo Ministro della Sublime Porta), carica che mantenne con tre Sultani per oltre 14 anni fino al suo assassinio nel 1579.
Era in realtà un serbo, originario del villaggio di Sokolovići in Bosnia orientale. Anche lui, come Sinan, era stato reclutato a forza in giovane età attraverso il devşirme (dal verbo “ramazzare” in turco), il crudele sistema di tributo feudale in uso presso le famiglie cristiane sottomesse all’Impero, soprattutto nei Balkani: ogni quattro o cinque anni ogni quaranta case veniva preso un giovane ragazzo in età preadolescente che di solito non vedeva più la propria famiglia. Sembra che tra i secoli XV e XVII tra i 200mila e i 300mila ragazzi furono prelevati a forza e spediti nella capitale. Lì, venivano convertiti all’Islam e addestrati secondo una dura disciplina militare monastica in assoluta lealtà al Sultano, non era concesso loro di sposarsi e non potevano portare la barba come gli altri musulmani ma solo i baffi.
Prima della conversione Mehmet si chiamava Bajica. Sembra fosse entrato in seminario presso il monastero di Mileševa insieme a suo fratello (o cugino) Makarije Sokolović, divenuto poi Patriarca della Chiesa Ortodossa Serba dopo che nel 1557 Solimano permise di ristabilire il Patriarcato di Peć grazie all’intervento decisivo di Mehmet Paşa.
Come molti giovani anche Bajica entrò nei Giannizzeri (Yeniçeri), un corpo speciale dell’Esercito Ottomano, una specie di Pretoriani del Sultano, che fino al XVII trasse la sua linfa proprio dal devşirme. I più brillanti venivano mandati al palazzo e alcuni di loro raggiunsero la massima carica di Gran Vizir.
Tra i moltissimi edifici lasciati da Sokolović tra İstanbul e nei Balkani, c’è anche il famoso Ponte sulla Drina di Višegrad [si veda la storia in questo sito], non lontano da dove Bajica era nato. Costruito proprio da Sinan con 11 eleganti arcate su quasi 180 metri, nel 2007 è entrato nella Lista del Patrimonio Universale dell’UNESCO. Nell’omonimo romanzo di Ivo Andrić si racconta anche la storia di Bajica-Mehmet.
Siamo ben contenti che i riferimenti Balkan continuino a segurci… La penisola rimase sotto la dominazione ottomana per oltre quattro secoli e dunque le influenze e i lasciti sono profondissimi. Anche qui a İstanbul i richiami non mancano: il “Boşnak” dove fanno burek (qui chiamati börek),
l’Associazione per la Solidarietà e gli Affari Culturali dei Turchi Balkanici,
e l’onnipresente Sarajevski Roštilj (griglia di Sarajevo).
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