Sabato 12 maggio 2012
Contrariamente alle attese l’Athletic Club non è neanche sceso in campo, almeno quello che aveva ben impressionato schiantando il Manchester United (sia all’andata che al ritorno) ed eliminando lo Schalke 04. Fin dall’inizio i baschi si sono rivelati nervosissimi, forse hanno sentito troppo la tensione a causa della loro giovane età. Ne ha approfittato l’Atlético Madrid ben messo in campo dal Cholo Simeone, guidato da uno straordinario Radamel Falcao ben assistito da Diego, che ha conquistato si potrebbe dire facilmente la sua seconda Europa League in tre anni. Molti dei giovani di Bielsa sono scoppiati in un pianto a dirotto.
L’avvicinamento
Il viale d’accesso che porta all’“Arena Naţionala”, il nuovo stadio della capitale romena in cui si disputa la finale, è estremamente lungo. Impressionante la fiumana dell’Athletic.
Le decine di bus parcheggiati ai lati hanno impressi anche l’orario di ritorno verso l’aeroporto.
Perso tra la folla, anche qualcuno di Badajoz.
Assaltati i giornalisti romeni che cercano di trasmettere le ultime notizie.
Anche i pallanuotisti di Getxo e di altre squadre dei dintorni di Bilbao si aggiungono alla festa.
Omaggio a Marcelo Bielsa.
Si passa il primo controllo e si vede l’“Arena” in lontananza.
Bellissimo l’impianto.
La stessa fiumana in arrivo,
dalla parte dell’Athletic.
Le ragazze sono solo all’entrata dei VIP.
Il tetto adattabile con il quadruplo schermo in mezzo è impressionante.
Le squadre stanno arrivando allo stadio, l’Athletic è guidato dal grande Txopo Iríbar, uno dei personaggi più importanti della sua storia. Era in porta nella doppia finale di UEFA persa contro la Juventus nel 1977, unica finale europea finora disputata dai baschi.
Da una parte iniziano a comparire le prime ikurriñas, le bandiere basche,
dall’altra quelle spagnole, alcune anche con l’aquila franchista.
Notevole il colpo d’occhio dell’“Arena”.
Entra in campo l’Atlético per il riscaldamento,
e subito dopo anche l’Athletic,
salutato dai suoi tifosi,
una delle tante sciarpate.
Il 19enne Iker Muniain potrebbe essere uno dei personaggi dell’incontro,
così come il colombiano Radamel Falcao, detto El Tigre.
Poco lontani da noi, sono bardati di biancorosso (basco) Julio Salinas che molti ricorderanno nel Barça e suo fratello Patxi, entrambi nati a Bilbao e cresciuti nell’Athletic.
È ora di rientrare negli spogliatoi.
Anche sugli spalti siamo pronti dopo una lunghissima attesa di due giorni.
Quando vengono chiamate le formazioni alcuni bambini entrano in campo.
Ma si vede già fin d’ora che quelli dell’Athletic non rispondono alle istruzioni della “panchina”.
La Coppa viene portata da Mile Belodedić, il serbo di Romania, colui che vinse entrambe le Coppe Campioni delle due uniche squadre dell’Est in grado di conseguirlo, la Steaua Bucureşti e la Crvena Zvezda Beograd.
Su una curva l’accenno di un mosaico,
sull’altra l’esposizione dei simboli.
Inizia la cerimonia inaugurale.
Lo stadio è ormai gremito.
Si ritira il materiale.
La speranza.
Le squadre sono ormai in campo.
La partita
In panchina sono di fronte due argentini, Marcelo Bielsa profeta del calcio offensivo e il Cholo Simeone, imbevuto invece di tattica italianista nelle sue esperienze nel nostro paese come giocatore e allenatore.
Tra l’altro Simeone era stato il capitano della nazionale argentina con Bielsa come selezionatore, una trentina di partite in tre anni conclusesi con gli infausti mondiali del 2002 in cui espresse però il miglior gioco degli ultimi anni.
Si vede subito che i baschi sono stranamente nervosi. Per inquadrare la situazione qualcuno ha poi fatto notare che hanno sbagliato più appoggi in questo primo tempo che in tutta la stagione. Ogni volta che Falcao prende il pallone si rende pericolosissimo.
Anche Diego giostra da par suo.
Amorebieta che Bielsa aveva fatto giocare come mai nella sua carriera ha evidenziato i suoi limiti, lasciando Falcao indisturbato di tirare da dentro l’area già al 7’. Il colombiano non si fa pregare e infila il “sette” con una parabola imprendibile. Entusiasmo dei tifosi dell’Atlético.
Reazione d’orgoglio dei baschi che cercano di spronare i loro beniamini.
L’Athletic sembra scosso, ma tutti pensano che sia solo momentaneo. In effetti inizia a macinare gioco ma non riesce ad incidere. Llorente, che pochi giorni fa era stato devastante nella semifinale contro lo Sporting di Lisboa, è isolato in attacco e non riceve praticamente palle giocabili (l’unica la spreca).
Entra in campo uno strano personaggio che viene placcato solo dopo aver attraversato tutto il terreno di gioco.
Diego pronto a una pericolosa punizione.
Muniain,
è l’unico a rendersi pericoloso con un tiro da lontano ben salvato dal portiere avversario.
Troppo poco per una squadra che normalmente crea occasioni a ripetizione. Si vede che non è giornata. Al 34’ erroraccio ancora di Amorebieta che fuori dalla sua area perde il pallone: la sfera arriva a Falcao che con una giravolta si beve i difensori oggi in verde e insacca senza problemi alle spalle di Iraizoz.
La botta è molto forte. Sarà dura recuperare. Ma tutti pensano che se finalmente l’Athletic riuscisse a segnare un golletto forse l’impresa riuscirebbe. Nessuna occasione però arriva fino all’intervallo e si va al riposo.
Bielsa cerca di correggere la squadra inserendo l’ottimo Ibai Gómez ed Íñigo Pérez per Iturraspe e Aurtenetxe e la spinta sulla sinistra di Ibai almeno c’è.
I tifosi cercano di spingere la loro squadra, c’è ancora qualche speranza.
Siamo in 52.347.
Pur giovanissimo, Muniain è l’unico che cerca di prendere la squadra per mano e ci prova fino all’ultimo.
Le poche occasioni si infrangono contro la piazzatissima difesa colchonera, soprattutto Susaeta ne ha una molto ghiotta, ma il pallone non entra.
Al 63’ Bielsa gioca la carta Toquero, al posto di Ander Herrera, ma niente cambia.
Anzi, quando l’Athletic stava producendo il massimo sforzo e le speranze si stavano già affievolendo, all’85’ arriva un perfetto contropiede di Diego che si porta dietro tutta la difesa avversaria, infila di sinistro nell’angolino opposto e chiude definitivamente la partita. La disperazione attanaglia i giocatori dell’Athletic,
e anche i tifosi,
alcuni dei quali reagiscono comunque orgogliosi.
Altri, venuti da Iparralde (i Paesi Baschi francesi) pensano forse al lungo viaggio di ritorno.
Quando l’arbitro fischia la fine,
molti giocatori sono in lacrime.
Quelli della capitale festeggiano,
e i bilbaínos appoggiano comunque i loro beniamini,
anche durante la consegna della medaglia per il secondo posto.
Tutti i giocatori rimangono in campo ad assistere attoniti,
alla consegna della coppa,
e ai primi festeggiamenti.
Tutti cercano di consolare Muniain che continua a piangere come una fontana nonostante siano già passati vari minuti dalla fine.
Mi arrivano messaggi da Bilbao, nel cui stadio erano stati approntati alcuni maxi schermi per l’occasione e dove si erano congregate circa 40mila persone. Mi dicono che «Si piange dentro e fuori da “San Mamés”». Qui i giocatori baschi con gli occhi umidi salutano e ringraziano il loro pubblico,
che contraccambia.
Dall’altra parte ovviamente si festeggia mentre la coppa viene portata sotto gli spalti.
Usciamo dall’impianto,
e torniamo a far parte del mesto corteo di tifosi che sono attesi da un lunghissimo e triste ritorno nella notte.
Neanche la prospettiva di un prossimo concerto di Al Bano da queste parti (!) li può consolare.
Sembra impossibile che solo qualche mese fa Simeone sia stato chiamato al capezzale dell’Atlético in caduta libera dopo l’esonero di Gregorio Manzano. Il Cholo, già giocatore dei colchoneros e uno che sente i colori come pochi, in poco tempo è riuscito a cambiare il volto della squadra e liberare le enormi potenzialità dei suoi giocatori. Soprattutto il letale Radamel Falcao, detto El Tigre, che Simeone aveva avuto quando allenava il River. Falcao è diventato uno specialista di questa competizione, che aveva già conquistato lo scorso anno con il Porto di Vilas Boas. In due anni due coppe e due volte capocannoniere, con 29 reti (17 l’anno scorso, 12 quest’anno). Numeri da far rimanere a bocca aperta.
Tante lacrime evidenziano ancor di più la giovane età dei giocatori dell’Athletic e probabilmente anche la loro immaturità. Proprio nella serata più importante non si è visto il fantastico gioco che aveva fatto innamorare tutta Europa. Peccato, perché disputare una finale europea non capita tutti i giorni a un club come l’Athletic che continua ad essere formato solamente da giocatori autoctoni. Anche l’ultima, 35 anni fa, era terminata con una sconfitta.
In teoria c’è subito la possibilità di una rivincita, visto che il 25 maggio l’Athletic giocherà la finale di Copa del Rey contro il Barça proprio al “Vicente Calderón”, lo stadio dell’Atlético Madrid. Anche se si può pensare che i blaugranes che sono rimasti a mani vuote saranno motivatissimi e vorranno regalare l’ennesimo trofeo nell’ultima partita di Guardiola come loro allenatore.
D’altra parte, questi giocatori potrebbero aprire un ciclo, anche attraverso una simile dolorosa sconfitta, a patto che rimangano tutti (Llorente in testa), ma soprattutto che resti al suo posto Marcelo Bielsa, il profeta di un cambio di gioco inimmaginabile solo pochi mesi fa. L’argentino, che aveva firmato solo per una stagione, ha spiegato che renderà noto il suo futuro dopo la finale di Madrid.
Dopo aver dormito (male) due ore, verso le 5 di mattina arrivo in aeroporto, ancora pieno di tifosi dell’Athletic.
La maggior parte dei charter verso la capitale sono già partiti, ma quelli verso i Paesi Baschi sono in ritardo e moltissimi devono ancora partire. Quasi nessuno parla durante il triste, lunghissimo e faticoso ritorno.
Bravo Ale, super fotke:)
e pa hvala ti..
kako tamo?
ziv,
a
Grande Kum,
tutti post bellssimi quelli sulla finale di europaleague, l’abbiamo veramente vissuta da vicino!
mandi,andrea.
grazie kume bre,
fa piacere saperlo…
a
e bravo bre te lo dico anch’io!
in ogni caso sempre gora euskadi e superportua ez!
fai il bravo.