Venerdì 5 ottobre 2012
Chi l’avrebbe mai detto? Per la verità io non ero tra i tifosi che sono venuti fin quassù credendo a un’impresa del genere. In una serata che passerà sicuramente alla storia l’Udinese ha invece sbancato “Anfield Road” battendo per 2-3 il Liverpool nella sua tana. Il giorno dopo le emozioni sono ancora a fior di pelle. Essere tra il migliaio di friulani che hanno partecipato a questa memorabile trasferta è stato un sogno. Grazie ragazzi.
Mi dispiace solo che alcuni amici fossero riluttanti anche a provare a venire (problemi di lavoro e familiari esclusi ovviamente). Qualcuno affermava che per vedere le seconde linee (Padelli e compagnia) com’era successo l’anno scorso avrebbe preferito andare all’Oktoberfest, altri adducevano il fatto che Liverpool non fosse una bella città (!), ma in sottofondo c’era probabilmente la delusione per il preliminare contro il Braga. Peccato, giocare ad “Anfield” (comunque vada il risultato) non capita tutti i giorni e, come dice la famosa pubblicità, una trasferta del genere con amici non ha prezzo.
È vero, non si trattava di viaggio facile: non esistendo un volo diretto verso Liverpool ho incontrato persone che hanno utilizzato le più disparate rotte di voli economici per arrivare fin qui. Alcuni, come me, via Manchester, altri hanno invece hanno volato su altri aeroporti, quali East Midlands, Londra o addirittura con combinazioni che prevedevano una notte a Charleroi in Belgio. L’Oscar va sicuramente a chi si è cimentato con gli autobus degli Udinese Club che avevano addirittura previsto una sosta “corporativa” nella filiale del Watford. Bravi a tutti coloro che hanno composto questa variegata spedizione dei Mille che ha cantato durante tutta la partita di fronte alla muraglia stranamente muta dei sostenitori locali: un giorno potremo orgogliosamente dichiarare il classico «Io c’ero».
È vero che Rodgers, l’allenatore del Liverpool, ha lasciato fuori molti dei titolari, riservati per il campionato (vi ricorda qualcosa?!), ma questo non toglie nulla a una simile impresa. Nonostante le solite paure di Guidolin che nel primo tempo aveva messo in campo una formazione incerta e timorosa, un plauso ai ragazzi che hanno dato tutto in campo, a cominciare dal Capitano Totò Di Natale: conosciamo il suo carattere particolare, ma nessuna delle soddisfazioni di questi ultimi anni (inclusa quella di ieri sera) sarebbe stata possibile senza di lui e la sua classe. Una volta ancora si chiede alla società di mettersi una mano sulla coscienza e di affrontare per tempo il grosso problema della sua successione (probabilmente già dalla prossima estate). Da molto tutti hanno capito che se non segna (o fa segnare) lui la squadra ha enormi difficoltà realizzative e non saranno certo Fabbrini o Barreto (e parzialmente Ranégie) a risolverlo. Da tempo c’è bisogno di una punta (prima o seconda che sia, ma punta vera e navigata) che assicuri presenza e reti.
Speriamo comunque che una simile impresa possa costituire anche un’iniezione di fiducia per una stagione che, lo sappiamo, sarà probabilmente di transizione.
La giornata
Arrivo nel quartiere dello stadio poco più di due ore prima dell’incontro.
Uno dei (molti) aspetti che colpiscono di Anfield è che, come molti impianti britannici, è popolare nel vero senso della parola, visto che si trova in una strada in mezzo alle case.
È vero che pur con tutti gli ammodernamenti rimane pur sempre una costruzione dell’Ottocento. Costruito nel 1884, “Anfield” era originariamente la casa dei rivali dell’Everton che nel 1892 edificarono il vicino “Goodison Park”: in quel frangente venne fondato il Liverpool FC che ne rilevò l’impianto dove ha sempre giocato, fino a oggi. Esisteva un progetto della precedente (nefasta) proprietà di costruire uno stadio nuovo, in stile “Emirates”, che per fortuna ora sembra sfumato. Eccomi dietro al “Kop”, una delle curve più famose al mondo.
Dal 1906 porta questo nome dalla collina dello Spion Kop in Sudafrica a ricordo dell’omonima battaglia (1900) avvenuta durante il secondo conflitto Anglo-Boero in cui persero la vita oltre duecento persone, in maggioranza della regione di Liverpool.
Come si vede “Anfield” trasuda storia, calcistica e non solo. Sotto, una statua dello storico manager Bill Shankly “benedice” i passanti. Fu lui l’artefice del miracolo Liverpool sedendo sulla sua panchina dal 1959 al 1974, quando venne sostituito dal suo assistente Bob Paisley che ne completò l’opera.
Di fronte, si trova l’associazione dei famigliari delle vittime della tragedia di Hillsborough, lo stadio di Sheffield in cui nel 1989 persero la vita 96 tifosi del Liverpool schiacciati dalla folla in una semifinale di Coppa d’Inghilterra contro il Nottingham Forest. Poche settimane fa è stato tolto il segreto di stato su diversi documenti dell’epoca che evidenziano le gravissime colpe della polizia. L’associazione lotta affinché venga fatta giustizia.
È ormai scesa la sera e per arrivare al settore ospite devo raggiungere la parte opposta dell’impianto,
passando davanti all’entrata dei dirigenti.
Fanno impressione invece quelle comuni, notevolmente ridotte.
Non lontano dal nostro accesso si vede il celebre cancello, anch’esso dedicato a Shankly, con l’altrettanto famoso motto (e inno) del club.
Vuole quasi accompagnare il memoriale che si trova a fianco dedicato alle 96 vittime di Hillsborough,
che raccoglie sempre una folla importante.
Il nostro ingresso, con una traduzione approssimativa in italiano.
Una volta strappato il biglietto,
mi trovo dentro le viscere del settore ospiti, isolato dal resto.
Uscire sugli spalti è pura emozione.
I nostri si stanno già scaldando.
Al mio fianco ho uno steward, proprio al limitare della nostra zona.
Il colpo d’occhio è impressionante, lo stadio non è immenso (circa 45mila posti) ma molto raccolto, ovviamente gli spalti sono a ridosso del terreno di gioco e i calciatori si possono quasi toccare, una sensazione alla quale al “Friuli” non siamo proprio abituati. Colpiscono anche le colonne che sostengono il tetto del “Main Stand” che fanno molto “Ottocento”.
Proprio su quella tribuna quando vengono annunciate le formazioni, al nome di Totò Di Natale gli spettatori si alzano in piedi ad applaudire. Anche questo sembra strano per noi.
Ecco l’attimo che molti aspettavano. Prima dell’entrata dei giocatori, dagli altoparlanti parte il celebre inno del Liverpool, You’ll Never Walk Alone, ripreso da tutto lo stadio con le sciarpe in vista, mentre un grande striscione percorre il “Kop”.
Ho i brividi e gli occhi diventano umidi per l’emozione, ma mi accorgo che al mio vicino capita la stessa cosa. Valeva la pena venire fin qui anche solo per vivere un momento simile. Questa è l’atmosfera durante quel paio di minuti che precedono ogni incontro casalingo dei Reds (qui in una partita di Champions del 2005 contro la Juventus):
http://www.youtube.com/watch?v=T00x5sRbZrc
Le squadre sono in campo,
a sorpresa una mamma con il figlioletto si sistema proprio nei posti lasciati liberi tra le due tifoserie, quello in teoria vicino ai “nemici” (noi).
I Mille friulani cantano a squarciagola e lo faranno per tutto l’incontro mentre il “Kop” rimane stranamente silenzioso, forse per la formazione rimaneggiata decisa Rodgers.
I due allenatori sono vicinissimi.
Preso dal solito timore Guidolin abbandona Totò isolato là davanti, stavolta aiutato solamente da Pereyra (un centrocampista, venti metri più indietro) e lascia in panchina Lazzari, uno dei pochi che sappia giocare la palla, in detrimento di un inguardabile Armero. Anche un cieco si accorgerebbe di questa assurdità. Salvo un estemporaneo colpo di testa di Benatia (comunque a pallone fermo),
la squadra proprio non funziona ed è in completa balìa di questo Liverpool infarcito di giovani. Oltre alla rete al 23’ di Shelvey,
Brkić ha compiuto i soliti miracoli (soprattutto un doppio intervento, anche con il piede, su Coates) e alla fine del tempo i Reds hanno avuto quasi il 78% di possesso palla, ma il settore non perde le speranze.
Infatti per fortuna già nell’intervallo, stavolta senza neanche aspettare il canonico (quanto inutile) 15’, Guidolin propone un nuovo assetto della squadra con l’agognato cambio e nella ripresa si vede un’altra Udinese, vogliosa, con grinta, aggressiva e con la capacità di offrire qualche palla giocabile a Di Natale. Già dopo una manciata di secondi la svolta, con una splendida combinazione tra Totò e Lazzari (proprio lui) che porta a una fantastica rete di controbalzo del Capitano.
Che prima ci saluta,
e poi forse per far vedere che la recente lite è dimenticata, va addirittura ad abbracciare Guidolin in panchina.
Reina sembra perplesso.
Ma ora l’Udinese riesce ad essere più pericolosa.
Anche Rodgers se ne accorge e al 60’ si decide a inserire due degli idoli locali, il Capitano Steven Gerrard e l’uruguaiano Luis Suárez.
Esce anche Pinzi (protagonista di un placcaggio rugbistico che gli è valso “solo” il giallo) per il mai convincente Williams.
Ma invece in due soli minuti (70’ e 71’) accade il miracolo: Coates in un goffo tentativo di anticipare i friulani in area appoggia nella sua porta.
Subito dopo, Di Natale effettua un numero in palleggio e offre un pallone d’oro a Pasquale che con un diagonale perfetto batte nuovamente Reina.
Il Liverpool non si da per vinto (e ci mancherebbe) e accorcia con una magistrale punizione di Suárez quasi nel “sette”. Gli ultimi minuti sono un assedio alla porta di Brkić ma i bianconeri stoicamente resistono.
Ormai rimangono solo i quattro di recupero assegnati dall’arbitro svedese Johannesson, già una parte dei tifosi locali non ci crede più e abbandona lo stadio.
Finisce la partita: l’Udinese ha espugnato “Anfield”, è la terza squadra italiana a farlo dopo Genoa e Fiorentina (nella Champions di tre anni fa, l’ultima sconfitta interna europea dei Reds).
Un cordone di personaggi in arancione si sistema davanti al nostro settore, quasi impedendo anche a Domizzi di lanciare la maglia ai tifosi.
Anche Brkić e Pinzi vengono “sotto la curva”.
Mentre a pochi metri di distanza quelli del Liverpool che stanno uscendo applaudono e scambiano sciarpe con noi (!).
“Anfield” è ormai vuoto, ma nessuno se ne vuole andare,
la festa è qui.
Fuori ci aspetta un cordone di poliziotti, anche a cavallo.
La gente sciama senza problemi.
Qualcuno sosta al chiosco “politicamente corretto”.
Su Liverpool torna a piovere e l’attesa per salire su un autobus che ci riporti in centro si prolunga.
Ma una volta sul mezzo esplode ancora l’entusiasmo dei tifosi friulani che accennano un Alè Udin di fronte ai perplessi locali.
È stata una serata a dir poco emozionante, sicuramente uno dei momenti più esaltanti mai vissuti allo stadio a sostenere i bianconeri, fin da quella prima partita vista da bambino, un Udinese-Pergocrema di Serie C nel lontano 1977.
Era da un po’ che ci pensavo, ma non avevo mai trovato il momento giusto…
Volevo non leggere più quel “Nessun commento” che non rende giustizia e gratitudine al racconto che sicuramente in tanti hanno letto ed apprezzato…
Il tuo articolo emozionante (al solito, anzi più del solito…) per le parole e le immagini che ci hai regalato, ha fatto vivere anche a noi non solo la partita, ma la magica atmosfera che si respira ad Anfield (anche se assaporarla dal vivo dev’essere veramente da brividi e lacrime agli occhi, come abbiamo letto…).
L’invidia per chi c’era è innegabile, io certamente non ero tra quelli “riluttanti”: sicuramente non sarà facile in futuro avere un’altra occasione di vedere l’Udin rimontare l’iniziale svantaggio segnando 3 gol, tutti sotto la curva di 1000 mille tofosi al seguito…Non a Poggibonsi, ma in un tempio del calcio mondiale.
Per poter avere ancora qualche occasione è assolutamente vietato non credere nella qualificazione al turno successivo vanificando l’impresa, perchè di questo si è trattato (i rubentini, per fare un nome a caso, qui non hanno mai vinto, come facevi notare solo Genoa e Fiorentina c’erano riuscite prima..)
Per cui non facciamo tanto gli schizzinosi e domani tutti a tifare al Friuli la nostra Udinese contro i “Giovani Ragazzi” svizzeri (e argentini…) che purtroppo ci hanno già tolto 3 punti.
Vincere è d’obbligo, altrimenti l’unica trasferta europea per questa stagione (e chissà per quanto ancora..) sarà quella nel gelo di Mosca….
grazie miele per aver colmato la casella vuota…
domani io purtroppo non potro’ esserci, ma e’ chiaro che per passare il turno bisogna vincere (e non solo domani).
mandi,
g