Martedì 1 ottobre 2013
Ormai è noto. Cheese, la più importante mostra casearia italiana organizzata da Slow Food, non è una rassegna qualsiasi. Rappresenta qualcosa di unico, solo lontanamente paragonabile al pur interessante Salone del Gusto (con il quale si alterna, ogni due anni).
Bra non è così facilmente raggiungibile come Torino e chi arriva fin qui è veramente interessato all’universo lattiero-caseario. Una settimana fa si è conclusa la nona edizione, condita da un record di presenze (si stimano oltre 250mila nei quattro giorni), da tutta Italia ma anche da diversi paesi esteri. Ha aiutato anche il sole settembrino che ha scaldato gli immaginifici panorami delle Langhe.
Solo qui si trovano delle autentiche perle, certi formaggi che altrimenti si dovrebbero cercare solamente sul luogo di produzione in paesini più o meno sperduti dell’intero stivale. Ma questi prodotti rappresentano anche dei microcosmi, dei mondi da scoprire con le loro storie e valori.
Per esempio, dietro a un formaggio si intravede anche il mantenimento del territorio: attraverso lo sfalcio e la produzione dei foraggi si previene infatti l’avanzamento del bosco e la degenerazione dell’ecosistema.
Uno dei punti su cui tutti convergono è che questi prodotti non rappresentano certamente una nicchia, o una parte marginale dell’economia, ma una reale possibilità di uscita dalla crisi. È vero, i problemi sono tanti, ma si tratta pur sempre delle famose eccellenze italiane di cui tanto si parla. Da qui il concetto che viene spesso citato di «Resistenza Casearia».
Di seguito il fotoracconto di questa entusiasmante edizione, condita da diversi appuntamenti paralleli, tra degustazioni, conferenze, incontri, il caffè letterario, la laurea honoris causa ad Ermanno Olmi e l’iniziativa che ha come obiettivo creare 10mila orti in Africa in pochi anni.
Prima della prima.
Al nostro arrivo nelle Langhe, il giorno prima dell’inizio della manifestazione, veniamo premiati con un fantastico panorama. Una tale visibilità delle Alpi, ce lo assicura la gente del posto, non capita molto spesso. Fantastiche le visioni dei paesini arroccati sui colli, con dietro le montagne.
Nella serata di anteprima ci si ritrova nel giardino della sede dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ospitata da un’antica villa reale dei Savoia, con piatti e stuzzichini e la musica Balkan-mediterranea dei Kachupa Folk Band.
Siamo ospiti della Foresteria Settevie, situata a Treiso, a una quarantina di minuti da Bra e a otto chilometri da Alba. I rientri serali (o a notte fonda) possono non essere esattamente agevoli,
ma il posto immerso tra dolci colline e filari è meraviglioso,
anche grazie alla famiglia Abrigo, che produce classici vini autoctoni (Nebbiolo, Dolcetto, Barbera e Barbaresco tra gli altri) oltremodo interessanti,
come la nuova cantina,
e il suo contenuto.
Quest’anno le auto sono bandite anche dalla periferia di Bra. I visitatori vengono invitati ad arrivare in treno o a lasciare i propri automezzi negli appositi parcheggi e raggiungere la manifestazione con le navette. Lo sforzo organizzativo è notevole e un plauso va anche ai simpatici alpini che, come ogni anno, custodiano il parcheggio espositori.
Viene lanciata l’Arca del Gusto,
per la quale si chiede a visitatori, produttori ed espositori di proporre un campione del formaggio da salvare. Durante la manifestazione sono stati raccolti oltre 250 “esemplari”.
Anche Moni Ovadia e Sergio Staino identificano i loro prodotti da salvare.
Il formaggio favorito dell’attore Giuseppe Battiston (vabbè, è friulano) è invece l’ormai celeberrimo Formàdi Frant, sempre tra i più popolari fra i Presìdi,
tanto che domenica pomeriggio sembrava fossero passate le cavallette.
Il prelibato Bitto è un campione, forse l’unico formaggio al mondo in grado di invecchiare dieci anni (!),
ma da quelle valli lombarde non hanno portato solo il loro prodotto.
Il classico Castelmagno,
i “vicini” del Monte Veronese di alpeggio,
con le loro massime filosofiche,
Come molti formaggi è andato a ruba e l’ultimo giorno le scorte si sono addirittura esaurite.
Ma non è stato l’unico.
Sotto il grande tendone che ospita altre specialità le debolezze umane aumentano a dismisura,
chi può resistere a una tale succulenta mozzarella di bufala?
Gioie dal Salento,
scrigni irpini,
strane torri,
ogni ben di dei dal Lazio,
la locale tuma di pecora delle Langhe, una produzione immaginifica ma molto limitata,
e anche qualche concetto astratto.
Ma si trovano anche prodotti affini, come il formaggio con la bottarga,
o l’aceto balsamico in stato artistico,
e, un’altra delle mie tentazioni favorite,
i cannoli preparati al momento e dalla viziosità allucinante.
Parlando di viziosità, non è da meno la crema di nocciole di Converso, lo storico bar/pasticceria in centro a Bra,
o alcuni pensieri filosofici,
che però poi si traducono in questioni molto concrete.
Bra è una piacevole cittadina,
dove molti anni fa nacque Slow Food, e prima ancora l’Arcigola,
grazie al genio di Carlin Petrini, qui sul palco nella prima serata a raccontare storie passate con un amico di sempre,
di fronte a una platea gremita.
Anche le vetrine delle librerie sono in tema lattiero-caseario,
ma non solo quelle…
Ma qui ci troviamo pur sempre a pochi chilometri da Alba.
Un’esibizione da applausi.
Come quella che va in onda ogni sera nella Trattoria da Francesco,
annunciata da un menù extrasensoriale,
il cui retro rimane in tema.
Tra i miei piatti preferiti, il vitello tonnato quasi crudo, gli gnocchi affogati nel formaggio Raschera, l’inaspettata tagliata di scamone in crosta di grissini e la sublime panna cotta, nonché la post chiusura con degli insoliti zuccherini aromatizzati.
Nella zona del cibo di strada si rispolverano antichi concetti,
sono le solite fantascientifiche bombette di Alberobello (o Martina Franca?),
un appuntamento imprescindibile per questo tipo di fiere;
come raccontato altre volte, sono dei deliziosi fagottini di capocollo di maiale ripieni di formaggio pecorino o vaccino infilzati negli spiedi e cucinati alla brace.
Per assaggiarli, si creano delle file chilometriche.
Ma un’altra zona molto gettonata è la Piazza della Birra.
Negli ultimi anni i produttori artigianali di birra sono aumentati a dismisura, ma non è sempre facile trovare i loro prodotti. Qui invece si possono gustare diverse birre favolose.
Tra i (molti) esempi, la veneta San Gabriel (che produce una rossa al radicchio di Treviso…), servita con un bellissimo sorriso,
alle sperimentazioni del cuneese birrificio Troll,
alle prelibatezze del Nuovo Birrificio Nicese.
Nello spazio che ospitava l’ex mercato di Bra,
si ha la possibilità di assaggiare centinaia di vini selezionati,
accoppiati a formaggi.
Ma una delle specialità locali è la carne cruda sia sotto forma di battuta,
o della prelibata salsiccia (rigorosamente cruda) di Bra, qui attorcigliata come la chiocciolina di Slow Food.
Non ci si meraviglia che la piazza della Pizza sia così affollata vista la magia della pizza d’autore,
ma anche per altri amori,
che condividiamo completamente.
Un momento di pausa prima dei sapori più esotici.
A Bra si trova anche una chiesa ortodossa romena,
sono presenti alcuni produttori Balkan,
e c’è qualcuno che viene fin qui dalla Repubblica Ceca a cercare formaggi.
Tra i prodotti più esotici, lo yogurt dei pastori del Pokot occidentale (Kenya),
a cui viene mescolata della cenere per disinfettarlo e migliorarne il gusto.
O il latte di cammello dei pastori nomadi Karrayyu, in Etiopia.
Dallo stesso paese, sicuramente uno dei più incantevoli in Africa, la celebre cerimonia del caffè che affascina tutti i presenti.
È stata proprio un’edizione “indimenticabile”.
Beh Ale… anche il tuo foto-racconto è davvero entusiasmante!
Veramente, indubitabilmente, costantemente, succulentemente, fantascientificamente… BRAaaaf!!!
Gran bel fotoreportage!
Grazie cari, peccato che non c’eravate, di persona era sicuramente meglio!
tra due anni magari…
a
Peccato Matteo fosse ammalato… cosa mi sono persa… oltre al mitico Ale! 😉
Indubbiamente hai ingolosito a dismisura i tuoi affezionati lettori, e non solo per i prodotti lattiero-caseari….
Le prime immagini, con la suggestiva Catena delle Alpi Occidentali, mi hanno fatto ricordare le mie trasferte lavorative piemontesi: tra le varie cime spicca il caratteristico profilo del Monviso che ho ammirato quotidiniamente da Pinerolo nel dicembre 2010.
A gennaio cominciamo la produzione di salami e prosciutti crudi di mangulica