Gori, martedì 18 agosto
Nel 2003 avevo solo attraversato Gori in autobus al mattino presto senza poterla visitare. Il nome di questa cittadina di circa 50mila abitanti entrò l’anno scorso nelle case occidentali per i bombardamenti subìti durante il conflitto con la Russia per la questione dell’Ossezia del Sud.
Gori è però famosa soprattutto per aver dato i natali a Josif Vissarionovič Jughashvili (o Dzhugašvili) chiamato Stalin (da stal’, “acciaio” in russo), il figlio più (tristemente) famoso di questa terra.
In moltissime città dell’ex Impero Sovietico si vedono ancora le statue di Lenin. Nel 2002, quando stavamo viaggiando con Andrea per l’intera Ukraina, si ingannava le attese giocando a calcio nelle piazze: nella parte orientale del paese eravamo sempre osservati dal fiero cipiglio di Lenin. Rimasero famosi i palleggi nella piazza di Jalta, in Crimea.
Non succede lo stesso con Stalin. Gori è probabilmente l’unico posto al mondo in cui si trovi ancora il viale (Stalinis gamziri) e la piazza principale (Stalinis moedani) a lui dedicati, così come la grande statua del “baffone” davanti al municipio.
Proprio di fronte una “Coffee House”, ennesima simbolo della globalizzazione.
A Gori esiste anche un museo dedicato al dittatore che ancora provoca profonde discussioni tra i georgiani. Al contrario di quanto si possa pensare, Stalin non è molto amato da queste parti. Anzi, gli amici giorgiani che ci accompagnano volevano quasi convincerci a non andare.
Nel giardino, si vede la modesta casetta di legno e mattoni in cui Stalin nacque nel 1878 e dove visse i primi anni della sua vita. Il resto del quartiere popolare in cui sorgeva venne spazzato via negli anni Trenta per celebrare il dittatore, lasciando solo la sua casa. Si è perfettamente conservata, inscatolata com’è sotto un tetto.
Un edificio del 1957 ospita il museo vero e proprio aperto durante l’epoca sovietica. È molto interessante, anche se ovviamente si parla solo in termini positivi di Stalin, senza accennare alle sue malefatte che portarono alla morte di milioni di persone.
L’esposizione inizia con la sua infanzia e la famosa prima foto da adolescente, insieme a quelle del padre Besarion (Vissarion) e della madre Ekaterina.
Continua poi con l’attività rivoluzionaria nel Caucaso ed include anche oggetti assurdi come una lampada con carro armato annesso.
C’è anche una stanza in penombra in cui vengono presentate alcune maschere funerarie del dittatore.
Un’altra con i regali ricevuti, in cui fa bella mostra anche un improbabile servizio composto da due tazzine e posacenere omaggiato dalle donne comuniste di Ascoli Piceno in occasione del suo 70º compleanno…
Il famoso telefono da cui impartiva gli ordini dal suo ufficio al Cremlino.
La guida è una tipica bellezza georgiana che ondeggia sui suoi tacchi.
Dopo le sale, ci fa visitare anche lo storico vagone ferroviario antiproiettile con il quale Stalin viaggiò a Tehran (novembre 1943) e Jalta (febbraio 1945): quegli incontri con Churchill e Roosvelt disegnarono il panorama mondiale del dopoguerra. È ovviamente lussuoso e possiede tutte le comodità.
Curiosando tra i cassetti della cucina si vede che qualcuno ha lasciato anche un nocciolo di pesca.
Chiediamo alla guida se ci sia stata una discussione per aggiungere qualche accenno critico sulla figura del dittatore. Ci spiega che l’hanno lasciato com’era proprio come testimonianza storica. Ma aggiunge che sì, in effetti, un anno fa aprirono un’altra sala sulle sue malefatte ma che nessuno visita. È ovvio: nessuno sa che esiste, visto che loro non lo dicono, né è neanche segnata sulle guide.
È molto difficile riuscire ad entrare: la chiave non si trova e c’è ancora la cera lacca, forse da un anno fa quando in teoria era stata inaugurata. Riusciamo finalmente ad aprirla ed esce una zaffata di aria asfittica sovietica. All’interno è stato ricreato un ufficio del NKVD/KGB.
Una foto di una ferrovia con i binari spezzati che simboleggia i prigionieri politici spediti in Siberia.
Si accenna anche a come venivano trattati gli oppositori del regime, una cella, la cartina con tutti i gulag.
Prima di partire, nel negozietto di ricordini l’ennesima sorpresa: una ragazza in uniforme sovietica con tanto di medaglia, vende anche il vino con l’effige di Stalin…
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