Tbilisi, lunedì 17 agosto
Appena entrati in Georgia si ha il primo contatto con le asperità del kartuli, la lingua georgiana. Si tratta di un idioma antichissimo profondamente legato all’identità georgiana: funziona con sette casi grammaticali e con il sistema agglutinante che permette l’esistenza di parole con addirittura sei o otto consonanti di seguito, come mtsvrtneli (allenatore) e soprattutto la fantasmagorica gvbrdgvnis (qualcosa come “tirar fuori, strappare”) o gvprtskvni (“tu ci sbucci”).
L’alfabeto georgiano, composto da 33 caratteri, è strettamente fonetico e si dice sia stato concepito nel V secolo a.C. La lingua, incompresibile agli stranieri, appartiene alla famiglia caucasica meridionale ma non ha nessun legame con le altre esistenti. Alcune teorie la metterebbero in relazione nella notte dei tempi all’euskera, la lingua basca, non indoeuropea e a sua volta un mistero linguistico, almeno nella sua origine.
Il regista georgiano Nugzar Suaridze realizzò nel 1999 un documentario sull’argomento. «Il mio cognome, Suaridze», mi raccontò a Tbilisi, «presente nella città di Khorkhi nella regione settentrionale di Tusheti è molto simile a Suárez, nella sua versione in castigliano. Per questo iniziai ad interessarmi di toponomastica ed onomastica e mi resi conto che tra georgiano ed euskera esistono alcune similitudini».
Nugzar intervistò vari professori per presentare le teorie che mettono in relazione le due lingue, anche se nessuna è confermata. «Secondo una di esse, dopo l’arrivo di Nabucodonosor in queste terre alcune persone furono mandate nel territorio dell’attuale Euskadi, i Paesi Baschi. Un’altra racconta di una popolazione locale chiamata Khalibebi che si spostò da queste regioni alla ricerca di ferro (khalib vuol dire “ferro” in georgiano) e dopo diverse vicissitudini approdò a Euskadi».
Tra le due lingue esiste qualche somiglianza. «L’euskera ha perso molte delle parole antiche, ma al georgiano non è capitato. Per esempio a Euskadi troviamo un paese di nome Sopela e sopelis in georgiano significa proprio “villaggio”; là troviamo Artxanda, una montagna la cui sua cima è spesso coperta dalle nubi, e nella nostra lingua archanda vuol dire “non si può vedere”. Altre analogie sono per esempio herri ed eri, “popolo”, e tagua e tagvi, “topo”».
«Credo che anche i georgiani siano un popolo europeo», continua Nugzar. «Grazie alla nostra posizione geografica siamo stati in grado di cogliere gli aspetti migliori dell’Europa ma anche della parte più vicina dell’Asia. Ho notato delle similitudini nel folclore e tra la nostra ospitalità e quella basca. Abbiamo in comune anche il problema delle piccole nazioni che subiscono la pressione di quelle più grandi e che vanno quindi in cerca della propria identità».
I georgiani chiamano loro stessi kartvelebi (singolare kartveli) e il loro paese Sakartvelo, da Kartlos, il leggendario fondatore della Georgia. Sono molto orgogliosi della propria lingua millenaria e della loro cultura. Queste regioni furono tra le prime a abbracciare il cristianesimo: nel regno di Iberia, attuale Georgia orientale, fu adottato come religione di stato nel 337, preceduto di poco dall’Armenia (301). Lo stesso accadde nel 523 sulla parte occidentale (regno di Egrisi) che assurse la figura di San Giorgio a suo protettore. Per questo nei paesi occidentali è conosciuta come Georgia.
Nel secoli successivi la Georgia si trovò in mezzo alle lotte tra turchi, persiani e russi, che alla fine la annetterono nel 1801. Tornò indipendente nel 1917 per un breve periodo a seguito della Rivoluzione d’Ottobre in Russia, ma venne invasa dall’Armata Rossa nel 1921 e nell’anno successivo entrò a far parte dell’Unione Sovietica. Alla testa dell’esercito c’era il georgiano Josif Vissarionovič Dzhugashvili, Stalin (da stal’, “acciaio” in russo): originario di Gori, fu il figlio più (tristemente) famoso di questa terra, anche se non aiutò poi così tanto la madrepatria.
In realtà in alcune regioni della Georgia ci parlano altre lingue caucasiche meridionali, ma incomprensibili al resto dei georgiani: lo svan parlato dagli svani, abitanti della regione montagnosa di Svaneti, e il mengrelio dai mingreli della regione di Samegrelo. (sic)
Si dice che solo grazie all’attaccamento alle loro tradizioni i georgiani hanno resistito alla russificazione che, anche in tempi recenti, ha avuto invece la meglio in altre repubbliche ex sovietiche. Qualcuno insinua che ci riuscirono anche grazie alla presenza di alcuni georgiano nella cupola del potere sovietico (oltre a Stalin, anche Lavrenti Beria, capo della NKVD, la famigerata polizia segreta sovietica, poi ribattezzata KGB).
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