Lunedì 5 marzo 2012
Si dice spesso che si può capire l’anima e la vita vissuta di una città visitandone i mercati e i cimiteri. Il secondo caso è sicuramente vero per Punta Arenas, il cui Cimitero rappresenta una delle (poche) attrazioni turistiche.
Creato alla fine dell’Ottocento, attraverso i suoi grandi viali perfettamente curati si può leggere la storia della città, soprattutto quella delle sue grandi famiglie. La gran parte dei mausolei furono costruiti all’inizio del XX secolo.
Dopo l’entrata, monumentale come il Cimitero,
chiedo lumi al signor Eduardo, uno dei custodi o almeno quello che ha in testa (quasi) l’intera mappa del sito. Da lui si può ottenere anche una preziosa cartina che l’ufficio di informazioni turistiche non possiede.
Quasi subito, dopo i lavoratori in attesa,
si notano i grandi mausolei delle antiche società comunitarie, come la Società di Mutuo Soccorso della Fratellanza Italiana,
ovviamente quella dei croati,
e più piccola specificamente dei dalmati,
o la minima dei tedeschi
e quella più nobile dei francesi,
con all’interno anche quella di José Emperaire, un etnologo ed esploratore francese e autore del libro Les Nomades de la Mer (segnalatomi dalla coppia di francesi conosciuti a Ushuaia).
Fanno impressione soprattutto le grandi tombe delle famiglie notabili della regione, quali i Menéndez-Behety,
il cui angelo alato si può vedere da tutto il circondario,
la cupola che richiama le chiese ortodosse orientali: è di Sara Braun, benefattrice del cimitero a cui è dedicata la struttura.
Ma anche la famiglia Kusanović.
Nel dedalo, moltissime le piccole tombe di altri dalmati,
alcuni «nati in Jugoslavia».
Ma io ne cercavo una più anonima, in piccionaia, neanche segnalata sulla mappa ufficiale ma che Eduardo il custode era ovviamente riuscito a indicarmi.
Quando mi avvicino, vedo una coppia nei pressi; immagino che come me non lo conoscevano personalmente e che gli stanno semplicemente rendendo omaggio.
È quella del Gallego Antonio Soto, tra gli organizzatori delle proteste operaie degli anni Venti e ispiratore della Patagonia Rebelde di cui ho raccontato qualche giorno fa.
Ho un autobus in breve ed è ormai ora di andare. Su una via intravedo un cognome che potrebbe suonare familiare.
Un’ultima prospettiva di Punta Arenas, conosciuta all’inizio della sua storia come Sandy Point, con in fondo lo Stretto di Magellano.
Sul bus che mi attende, addirittura una scritta in euskera, la lingua basca.
Parto per Puerto Natales dove mi imbarcherò sul Navimag, il traghetto da 4 giorni e 4 notti.
Molto carino. Ale, sei stato al cimitero di Buenos Aires? Be, quello si e’ grande, e si vede che hanno le stesse usanze. Tanti Italiani anche li. Spoero che pubblicherai un libro sulle tue bellissime espedizioni in giro per il mondo. Bravo ancora.
C’ero anch’io! … i tre italiani di Torino, Maurizio, Michele e Lorenzo li ho incontrati a Tolhuin.
dai, che grande, bel giro anche il tuo!
chissa’ che non ci si ritrovi tutti insieme da qualche parte.
a presto,
a
ma pensa te… ci son stata e non sapevo che Soto fosse sepellito qui!! uffi!
Hai visto che storie…
😉
A