Mercoledì 6 aprile 2011
Pochi giorni fa FIFA e UEFA hanno annunciato la sospensione da tutte le attività calcistiche della Federazione della Bosnia Erzegovina per «non aver adottato gli statuti in conformità con i requisiti richiesti».
Da tempo la Federazione bosniaca esemplifica la situazione del paese: gli organismi internazionali esigono che esista un solo presidente anziché tre come ora (appartenenti alle tre nazionalità principali).
Nell’assemblea celebrata a Sarajevo martedì della scorsa settimana, i delegati non sono riusciti a far passare la mozione richiesta: solo 22 dei 54 presenti hanno votato a favore.
Fino a quando le cose non cambieranno verranno sospese tutte le attività calcistiche, tanto a livello di club come di nazionale (che in teoria il 3 giugno dovrebbe affrontare la Romania per le qualificazioni a Euro2012).
Si tratta di una metafora di quello che accade in ogni ambito della vita della scricchiolante repubblica balcanica, il cui governo è allo stallo.
Ripropongo qui un mio reportage sul distretto di Brčko, forse il caso più emblematico delle quote nazionali portato alle estreme conseguenze, l’unico distretto rimasto multietnico dopo la guerra, e per questo preso a modello dalla Comunità Internazionale.
Leggi l’articolo su Brcko uscito su Euregio Magazine (file PDF)
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