Domenica 5 settembre 2010
Sull’onda balcanica e delle nostalgie sportive ex jugoslave, riprendo una storia del blog dell’anno scorso, Via terra dalla Carnia al Caucaso: a metà luglio del 2009 mentre mi trovavo in Bosnia Erzegovina ho avuto la straordinaria possibilità di parlare con uno dei miei idoli di gioventù, Blaž Baka Slišković, croato di Mostar, genio del Pescara dei miracoli di Galeone nel 1987/88.
Cresciuto nel Velež di Mostar, squadra in cui giocava anche suo padre, già ventenne fu acquistato dal Hajduk Split con cui Baka riuscì ad affermarsi. Con lo squadrone di Spalato di quegli anni in cui militavano anche i gemelli Vujović, Asanović, Gudelj, Pudar, Baka riuscì anche a conquistare la Coppa di Jugoslavia 1984.
Qui una punizione di Baka nel secondo turno di Coppa UEFA 1985/86 contro il Torino (3-1) al “Poljud” di Split:
Si trasferì quindi in Francia (all’Olimpique Marseille) per essere poi prelevato dal neopromosso Pescara, fortemente voluto da Galeone. Quel Pescara del Galeo in cui militavano anche Leo Júnior, Allegri, Pagano praticava un calcio mai visto, a volte scriteriato, ma con la filosofia di fare una rete più dell’avversario. Poteva prendere un sacco di reti (riuscì a perdere 4-5 all’Adriatico con il Milan di Sacchi, dopo che il primo tempo conduceva 4-2), ma poteva anche vincere contro qualsiasi squadra (trionfò 2-1 all’esordio in A a San Siro contro l’Inter).
Purtroppo a causa del suo carattere Baka ottenne meno successi di quello che il suo talento avrebbe meritato. Ma rimane lo stesso uno degli idoli più grandi.
Divenne poi allenatore, per un paio d’anni è stato anche selezionatore della nazionale bosniaca. Ora è in attesa di essere contattato da qualche squadra.
Baka è stato gentilissimo: l’ho sentito al telefono e mi ha detto di chiamarlo non appena sarei arrivato a Mostar. Mi ha raccontato la sua storia per oltre quattro ore facendomi un grandissimo regalo, mentre sua mamma mi offriva loza (grappa) locale nonostante i 45 gradi.
Il giorno prima, a Sarajevo, ero riuscito ad incontrare la vedova e la figlia di una delle legende della città, Asim Ferhatović Hase, a cui è ora deidicato lo stadio olimpico Koševo, teatro del FK Sarajevo.
Morto nel 1987, Hase giocò tutta la carriera con la “9” del FK Sarajevo con cui segnò 198 reti in 422 partite. A oltre 20 anni dalla sua morte e nonostante non esistano quasi filmati che lo riguardano, è ancora un mito per tutti i sarajevesi. Sono passate alla storia la canzone che gli dedicarono i Zabranjeno Pušenje, Nedelja kad je otišo Hase (La domenica in cui Hase se ne andò) e il famoso titolo dei giornali sarajevesi quando morì: «Jedan je Hase» (C’è un solo Hase).
http://www.youtube.com/watch?v=mp_o0qv92u8
Quando nel 1963 fu contrattato dal Fenerbahçe per andare a giocare in Turchia riuscì a resistere solo un paio di mesi e poi fece ritorno alla sua città. Gli mancava troppo Sarajevo…
Vedova e figlia mi hanno poi accompagnato in macchina allo stadio dedicato ad Hase, dove si giocava FK Sarajevo-Spartak Trnava (Slovacchia) per i preliminari dell’Europa League. Spettacolo pietoso, con il Sarajevo che ha vinto 1-0 e poi ha passato il turno. Ormai sono altri tempi.
In tribuna c’era anche un’altra leggenda vivente del calcio jugoslavo, Ivica Osim, che si sta riprendendo dai postumi di un infarto. L’ho solamente salutato, ma spero di riuscire prossimamente ad incontrarlo per farmi raccontare anche la sua vita.
Ciao, bella la storia, ma proprio quella punizione dovevi mettere……
Martina dormiva….
Mandi e sempre forza TORO!!!!
benvenuto maryo!
spero seguirai le storie di questo blog.
a presto,
a